Il Racconto di Richard Iacopo alla Mezza Maratona di Padova
Primo antefatto: la mezza maratona di Padova del 2016 è stata la prima gara di questa distanza (in realtà una decina di anni fa ne avevo fatto un’altra, ma erano altri tempi ed altra età…). Gara disastrosa: a causa del caldo e della preparazione approssimativa, in crisi già all’ottavo chilometro, avevo arrancato fino all’arrivo, con l’unica soddisfazione di averla comunque corsa tutta.
Secondo antefatto: il 25 novembre 2016, verso le tre del pomeriggio ero pigramente rilassato sul divano, che navigavo in internet su un forum di running alla ricerca di un introvabile programma di allenamento in grado di consentirmi di abbassare di un minutino i miei ritmi di corsa, quando mi resi conto che era il “Black Friday”. Insomma, in meno di dieci minuti ero iscritto alla Maratona di Venezia (rimossa la scusa che costava troppo, devo così tentare la mia prima maratona…) e, appunto, di nuovo, alla mezza di Padova (tanto, peggio dello scorso anno, non posso andare…).
Così domenica mattina ero di nuovo ad Abano, insieme ad un folto gruppo di Cavalli Marini. La speranza in una prestazione migliore era giustificata dal clima relativamente fresco e da una preparazione migliore, culminata il giorno prima in sei ore di carico glicemico (e anche proteico, ma soprattutto lipidico ed alcolico) al pranzo di un cinquantesimo di matrimonio.
Il tempo di cambiarsi, farsi due risate, consegnare le borse e siamo già in griglia. Ho il piacere di condividere i minuti prima della partenza con Baingio (all’arrivo primo di categoria), ci diamo il cinque e partiamo.
Il primo chilometro mi vede impegnato ad evitare di inciampare o calpestare i piedi di qualcun altro, poi l’affollamento cala e cerco il mio ritmo. Reduce dall’esperienza della mezza dei Dogi di quindici giorni prima, avevo deciso di correre a circa 5 minuti e 30 al chilometro.
Le gambe girano e vado più veloce del ritmo prestabilito, non mi sento impegnato però so che così non posso arrivare alla fine, quindi cerco di rallentare ma, nonostante il freno a mano tirato, sono costantemente sotto il passo prefissato fino al decimo chilometro. A quel punto il freno non serve più, ma d’altra parte anche nelle mezze precedenti il tratto dal decimo al quindicesimo si era dimostrato un po’ pesantuccio…
Ad ogni ristoro bevo un sorso d’acqua e mi bagno, temendo il caldo che comunque sembra essere sotto controllo, fino al quindicesimo chilometro amministro le forze, mentre vedo passare tutti quei chilometri percorsi soffrendo l’anno scorso.
Poi comincio a sentire il caldo, al sedicesimo chilometro rallento vistosamente ed accuso la fatica, la matematica che, anche e soprattutto applicata al running non è un‘opinione, mi dice che mancano cinque chilometri, e potrei perdere il vantaggio fin lì accumulato, che mi avrebbe consentirebbe di rimanere sotto le due ore, obiettivo della giornata.
Mi gioco l’ultima carta rimasta, un gel che spero possa aiutarmi a superare il momentaccio. Però il ristoro è già passato e non posso bere, così inizio a succhiarlo centellinandolo, così da non incollarmi tutta la bocca e la gola: ci metterò più di un chilometro per finirlo. Temendo un ulteriore peggioramento delle mie condizioni passo il Bassanello facendo dei calcoli sul ritmo da tenere per restare sotto le due ore.
Controllo sul GPS se riesco a rimanere nei limiti calcolati, e mi rendo conto di avere accelerato: forse per il gel, forse per un bel tratto di strada apparentemente in discesa, entro nel centro storico di Padova inaspettatamente veloce. Come non succedeva da qualche chilometro riesco pure a superare altri runners, aumentando ancora la velocità proprio sul tratto di acciottolato che l’anno prima mi aveva quasi convinto a camminare per gli ultimi chilometri. Non mi sembra possibile.
Ed infatti non è possibile, a circa un chilometro e mezzo dall’arrivo rallento di nuovo, cerco di non mollare, però non riesco a capire quanto manca, quante curve prima di entrare in Prato della Valle. Poi mi ritrovo davanti alla Basilica di Sant’Antonio ed è tutto finito.
Incertezze, dubbi e fatica svaniscono di colpo: due ribollenti ali di folla, tanti applausi e incitamenti, in fondo le statue del Prato, le gambe partono ed è una lunga volata, proprio quando entro nella piazza qualcuno grida “forza cavallo!”: meglio di così?
Le ultime centinaia di metri li farò ben sotto i 5 minuti al chilometro, ma non li percorro in linea retta, per dare il cinque ai bambini. Sull’ultimo arco che, una volta tanto, si avvicina rapidamente, il cronometro indica 1:58 e rotti, rispondo alle grida del pubblico incitando a mia volta e mi lancio urlante oltre il traguardo.
Insomma, torno a casa da Padova soddisfatto, con il mio miglior tempo in gara, abbassando di quasi venti minuti il tempo dello scorso anno, amministrando una corsa che poteva diventare problematica. La prossima volta che indosserò le scarpe da corsa sarà per il primo allenamento della scheda per Venezia, primo avversario da affrontare il caldo estivo, ma un’esperienza come quella di domenica scorsa a Padova permette proprio di partire col piede giusto!
Richard Jacopo