PADOVA — Ha superato indenne il caldo del Sahara in Egitto, s’è infilato come una lama nel vento del deserto dei Gobi in Cina, ha vinto l’arsura dell’Atacama in Cile. Sempre di corsa: 250 chilometri di fatica, sudore e sofferenza, solo con i suoi pensieri e lo zaino sulle spalle con i viveri necessari per affrontare una terribile ultramaratona.
Ora, a 46 anni, il padovano Nicola Benetti, dirigente d’azienda di professione, runner per passione, si prepara all’ultima sfida del famoso circuito dei «Quattro Deserti», forse la più dura: «The last desert », 250 chilometri tra i ghiacciai dell’Antartide. Ventotto partecipanti in totale da tutto il mondo, solo due gli italiani, lasciapassare per quest’ultima sfida l’aver corso almeno in altri due deserti. «Sì lo so, tutti mi chiedono chi me lo faccia fare – commenta sorridendo Benetti – ma chi si pone queste domande conosce solo il lato oscuro della corsa, la fatica, non la magia positiva che la circonda. E ogni volta che arrivo al traguardo mi chiedo come farò a raccontare a casa le sensazioni provate, devi essere uno che cerca qualcosa in più dal mondo per capire ».
Il 24 novembre partirà da Ushuaia in Patagonia e dopo 50 ore di navigazione nel passaggio di Drake, uno dei mari più burrascosi del pianeta, sbarcherà in Antartide. La corsa sarà a tappe, decise di volta in volta dall’organizzazione in base alle condizioni atmosferiche, generalmente la gara non dura più di 6 giorni. Stavolta però non si dorme in tenda all’addiaccio, ma si ritorna sulla nave: con il sudore di 10 ore di corse il rischio congelamento sarebbe troppo alto. «Allenamento, attrezzatura e alimentazione sono le tre cose a cui devo pensare nei mesi precedenti alla gara – spiega Benetti – nulla è lasciato al caso.
Nelle ultime 5 settimane ho percorso oltre 400 km, coprendo settimanalmente distanze di una maratona, una mezza maratona e una collinare di 3 ore. Porterò giacca e pantaloni in pile, polartec, goretex più un giaccone, guanti, sottoguanti, manopole, occhiali, maschera da sci, maschera facciale in neoprene, passamontagna e berretti vari. Vestito a cipolla deciderò di volta in volta cosa togliere e cosa lasciare. Le scarpe sono in goretex con gli yaktrax, una specie di catene da neve».
Negli altri deserti è sempre arrivato all’arrivo tra i primi dieci, ma stavolta si corre tra ghiaccio e neve, una novità per Benetti nonostante i tanti allenamenti in montagna. «Mi considero prima di tutto un viaggiatore, come quelli di un tempo che partivano con poche cose in valigia racconta – e vivo il viaggio completamente immerso nella realtà locale alla scoperta di culture e tradizioni uniche. Il deserto è magia, è l’animosa quiete del mondo, un posto dove la parola pace mostra tutta la sua potenza, dove l’ostilità della natura è uguale al fascino che sprigiona. Quando mi sono avvicinato per la prima volta alla maratona sembrava un montagna insormontabile, ora è un allenamento settimanale. Non occorre essere persone eccezionali per compiere queste imprese, sono la dimostrazione che anche persone normali possono compiere eventi straordinari». E per il prossimo anno sta già pensando al deserto della Namibia.
Gianluca Salvagno
ps: Nicola Benetti al ritorno dall’Antartide sarà nostro ospite per raccontarci le sue avventure.